Malattie rare, Mazzella (M5S) punta alla piena attuazione del Testo Unico e allo screening neonatale

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Le malattie rare saranno con tutta probabilità una delle nuove frontiere della medicina. Conosciute già da anni, tuttavia con un insufficiente canale di investimenti e modello d’approccio, possono ora beneficiare del Pnrr e dei rinnovati sforzi che la politica in Italia sta mettendo in campo. È recente la costituzione del Comitato Nazionale Malattie Rare e nella scorsa legislatura è nato il Testo Unico dedicato al tema. Di questa sfida per la salute abbiamo parlato con Orfeo Mazzella, medico, senatore del M5S, Capogruppo del Movimento nella Commissione Affari Sociali, Sanità, Lavoro e Previdenza sociale di Palazzo Madama.

Il 28 febbraio è la giornata nazionale dedicata a chi è affetto da questa condizione. A cosa ci si riferisce quando si parla di malattie rare?
«Sono definite “rare” le malattie che hanno una bassa prevalenza nella popolazione, ossia sono poco frequenti. Tra queste, sono comprese i tumori rari e le malattie ultra-rare e l’80% è di origine genetica. Per fare un esempio, la Teleangectasia Emorragica Ereditaria o HHT si manifesta in un individuo ogni 5.000 nati. È bene precisare, però, che la bassa prevalenza non significa che le persone affette siano poche. In Italia, si stima che siano colpiti da malattie e tumori rari circa due milioni di persone. La quasi totalità di queste malattie è cronica e invalidante. Le persone affette devono pertanto convivere con i sintomi e le difficoltà che ne derivano per tutta la vita, spesso fin dalla nascita. Il 28 febbraio eventi e iniziative pubbliche, in tutto il mondo, accendono un faro sulle necessità e sui bisogni di chi convive, ogni giorno, con una malattia rara».

Quanto è importante saperle riconoscere e, ancor di più, parlarne?
«L’informazione è determinante: l’articolo 14 del Testo Unico sulle Malattie Rare prevede che il Ministero della Salute, nell’ambito delle attività informative e comunicative previste a legislazione vigente, promuova azioni utili per dare un’informazione tempestiva e corretta ai pazienti e ai loro familiari e sensibilizzi l’opinione pubblica. Altrettanto importante è la formazione di chi si prende cura delle persone affette da malattia rara. Si tratta di oltre 6000 patologie diverse e riconoscere i campanelli d’allarme (o red flags) consente pertanto anche al pediatra e al medico di famiglia di indirizzare il paziente presso un centro di competenza per una diagnosi».

Durante la precedente legislatura è stato raggiunto un traguardo importante in tema salute. Con la legge n. 175 del 2021, infatti, è stato approvato il Testo Unico sulle Malattie Rare. Ritiene che quanto previsto in quel documento sia sufficiente?
«C’è voluto un lungo percorso per arrivare al Testo Unico, di quasi vent’anni. Dal DM n.279 del 2001 che istituì la rete nazionale delle malattie rare e diverse intese Stato-Regione che hanno, di fatto, frammentato la risposta ai bisogni di salute in 20 diversi protocolli di presa in carico. A tal punto che il primo articolo della Legge 175 ha dovuto ribadire che la norma “ha la finalità di tutelare il diritto alla salute delle persone affette da malattie rare, attraverso misure volte a garantire l’uniformità dell’erogazione nel territorio nazionale delle prestazioni e dei medicinali, compresi quelli orfani”. Attualmente, però, il Testo Unico manca di alcuni decreti attuativi e ciò rende la misura ancora poco efficace».

Oltre a essere Presidente del “Forum campano delle malattie rare”, lei è stato promotore del recente Intergruppo Parlamentare “Malattie rare e oncologiche”. Quali sono le priorità di questa realtà e quali gli obiettivi?
«Come responsabile del Forum ho fatto anche parte del Tavolo Tecnico di Esperti in Malattie Rare della Regione Campania, contribuendo alla stesura del primo piano regionale dedicato alle 25.000 persone con malattie rare della mia Regione. Vorrei trasferire l’esperienza del mondo associativo e del tavolo tecnico nell’Intergruppo Parlamentare, per creare una squadra di alto profilo istituzionale al servizio dei malati rari del Paese. Ci sono temi trasversali, come questo appunto, che richiedono un approccio pragmatico, per evitare di disperdere le forze e perdere ulteriore tempo nelle scelte che ci attendono».

Nella lista europea delle malattie rare figurano molte patologie che in Italia sono prive di riconoscimento: è evidente come questo crei una grave disparità di accesso a cure appropriate. In che direzione dovrebbe muoversi il Governo affinché queste differenze siano appianate e l’Italia abbia concordanza con l’Unione europea nella definizione di questi morbi?
«Orphanet è un progetto sostenuto dall’Unione europea fin dal lancio del programma d’azione comunitario sulle malattie rare del 1999-2003 e mira a fornire informazioni di alta qualità e garantire parità di accesso alle conoscenze per tutte le parti interessate, mantenendo una nomenclatura delle malattie rare nota come codice ORPHA. Le patologie rare con orpha codice sono 6.172. L’ampliamento dell’elenco delle malattie rare è necessariamente legato all’aggiornamento periodico dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), ma per le malattie rare dovrebbe essere dettata dal legislatore una periodicità più aderente all’evoluzione delle conoscenze, che nel campo delle malattie genetiche rare avanza rapidamente».

Quanto c’è ancora da fare per sostenere i pazienti affetti?
«Innanzitutto, occorre dare completa realizzazione al Testo Unico delle Malattie Rare, approvando tutti i decreti attuativi in tempi brevi. Ma penso anche alla piena attuazione dello screening neonatale esteso come esigenza di salute pubblica. Infine, l’uniformità dei percorsi di cura con una presa in carico sanitaria ma anche socio-assistenziale, finanziando adeguatamente il fondo di solidarietà previsto dalla Legge 175 e dando priorità al nuovo piano nazionale malattie rare, che a breve potrà essere redatto dal Comitato Nazionale Malattie Rare».

Di cosa c’è ancora bisogno affinché si riesca a dare risposte concrete alle famiglie?
«Il percorso di umanizzazione della medicina, come il pieno coinvolgimento dei familiari e del malato raro nei percorsi di cura e assistenza, è determinante per stabilire un’autentica e soddisfacente alleanza terapeutica in questo ambito. Il PNRR ha finanziato anche 50 progetti di ricerca biomedica in merito. Le politiche sociali, scolastiche e lavorative ma anche di accertamento delle invalidità devono trovare processi di semplificazione e di piena attuazione. Su questo ultimo punto sono stato recentemente promotore, insieme alla Federazione Uniamo, CittadinazAttiva e alla Società scientifica della medicina legale per la disabilità (MelDis), di una scheda di valutazione per le persone con malattia rara che richiedono il riconoscimento di invalidità».

Fonte: thewatcherpost.it