Una festa per organizzare la speranza di una comunità

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Una festa per organizzare la speranza di una comunità. Se dovessi dare una definizione del sentimento collettivo che ha animato la festa della Madonna della Neve a Torre Annunziata, sceglierei quest’espressione.

Dopo tre anni noi torresi finalmente abbiamo potuto rivivere l’emozione della Sacra Effigie della Madonna Nera che attraversa le strade e gustare di nuovo il senso di protezione, di vicinanza e di fiducia che da sempre instilla “ ‘a Zingarella nosta”.

Il ridimensionamento dei festeggiamenti rispetto ai tratti più squisitamente spettacolari della ricorrenza, imposto dall’esiguità delle casse comunali, credo abbia fatto riemergere con maggiore nettezza l’essenza del legame, religioso e identitario, tra la nostra città e la Madonna della Neve. Non è facile prendere decisioni impopolari ma, con realismo, occorre cogliere l’essenziale. Le istituzioni ci sono e io sono lieto di aver partecipato alla processione insieme al neocomandante della Polizia Municipale Forgione, al comandante del Gruppo C.C. Russo, che hanno curato il servizio d’ordine, e ai commissari prefettizi Marco Serra e Fernando Mone con cui ho avuto in particolare il piacere di poter confrontarmi. E c’è una comunità che si riconosce unita nella fede, nella speranza e nella propria tradizione. Delle migliaia di persone che hanno partecipato alla processione, chi non ha rivolto almeno un pensiero o una preghiera per questa città così offesa dalla delinquenza e dalla malapolitica?

Io credo che nel miracolo della Madonna che il 22 ottobre 1822 fermò la lava devastante del Vesuvio e di cui festeggiamo il bicentenario, ci sia qualcosa di simbolico. Una città da cui tanti erano scappati (e penso ai molti giovani brillanti e a tante persone perbene costrette a cercare lontano da Torre Annunziata un futuro migliore). Quel cielo reso plumbeo dalle ceneri di un Vesuvio che aveva anche soffocato la speranza della luce. La forza e il sacrificio dei pescatori rimasti in città che si caricarono il trono della Madonna per metterla al cospetto della montagna eruttiva. L’ostinazione della preghiera di don Rocco Bali in piazza Santa Teresa. E, infine, il “segno” della rinascita, con quel raggio di luce che si aprì uno squarcio nel cielo.

Il miracolo nasce dalla fatica e dall’ostinazione di chi rimane. Dal coraggio di fidarsi della Madonna e di noi stessi. Sarebbe bello che noi cittadini di Torre Annunziata riconoscessimo alla nostra comunità lo stesso senso di sacralità con cui viviamo il rapporto con la Madonna della Neve che è radice della nostra fede e della nostra identità. Una città vissuta come bene comun, dove si può e si deve dialogare con istituzioni che ci sono e hanno il dovere di proteggere i cittadini e dove si può anche trovare il coraggio di dire no all’illegalità. Solo questa è la strada per rinnovare la politica e la vita cittadina. E i ‘segni’ non mancheranno, come non sono mancati in un 22 ottobre in cui Torre Annunziata ha visto una sua figlia, Irma Testa, conquistare un nuovo successo internazionale, vincendo il campionato europeo di boxe in Croazia, e, più modestamente, la volontà di un senatore di opposizione di portare le istanze di questa città all’attenzione nazionale.

Siamo tutti chiamati a fare il nostro possibile ogni giorno. Per scoprirci capaci di un miracolo che ha bisogno delle nostre mani, delle nostre menti, della nostra forza per realizzarsi.